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Traducendo Einsamkeit

STANZE DEL NORD

SCORRONO LE COSE CONTROVENTO di FEDERICA GALETTO

ODE FROM A NIGHTINGALE - ENGLISH POEMS

A LULLABYE ON MY SHOULDER di Federica Nightingale

EMILY DICKINSON

venerdì 28 maggio 2010

PROGETTO MULTIPOETRY








E’ attivo sulla rete MULTIPOETRY (www.emultipoetry.eu) il nuovo spazio europeo dedicato alla poesia e a tutti coloro che amano esprimersi in versi, promosso dalla Commissione europea.
Su MULTIPOETRY puoi caricare i tuoi clip poetici multimediali, scrivere e tradurre poesie, leggere quelle altrui nella biblioteca poetica digitale, allenare la tua creatività
con il video gioco “poesie sui muri” e partecipare alla scrittura collettiva di poesie entrando ogni lunedì alle 21.00 nella chat room italiana. Ti aspettiamo.



Amitié – progetto MULTIPOETRY

http://www.emultipoetry.eu/

giovedì 27 maggio 2010

JIM WITTEMBERG

"Haunt me in the morning" di Jim Wittemberg © 2010 - Pubblicato e stampato da Subhankar Das - Graffiti Kolkata
Foto e grafica di Tapan Jana






HAUNT ME IN THE MORNING

could you haunt me in the morning?
I'm too tired now
and the words won't come
the words won't come to me

could you haunt me in the morning?
I'm too tired now
and the words won't come
the words won't come to me

they've blocked themselves from
my imagination
they've hidden their images
in a tiny crevice or crack within
my darkened brain

could you haunt me in the morning?
I'm too tired now
and the words won't come
the words won't come to me

could you haunt me in the morning
before the sun awakens?
could you haunt me in the morning
after the ice has covered my windshield
and I must scrape it away?

could you haunt me in the morning?
I might come to life again
and be free
of this lonely fog




POTRESTI TORNARMI IN MENTE LA MATTINA?

Potresti tornarmi in mente la mattina?
Sono troppo stanco adesso
e le parole non verranno
le parole non verranno a me

potresti tornarmi in mente la mattina?
Sono troppo stanco adesso
e le parole non verranno
le parole non verranno a me

Sono state bloccate
dalla mia immaginazione
hanno nascosto le loro immagini
in una minuscola crepa o sono implose
nel mio cervello oscurato

potresti tornarmi in mente la mattina?
Sono troppo stanco adesso
e le parole non verranno
le parole non verranno a me

potresti tornarmi in mente la mattina
prima che il sole si risvegli?
potresti tornarmi in mente la mattina
dopo che il ghiaccio ha coperto il mio parabrezza
e io debba grattarlo via?

potresti tornarmi in mente la mattina?
Potrei tornare a vivere ancora
e liberarmi
da questa nebbia di solitudine





PAPER HEARTS

paper hearts fill
the air

where do they come from? the astonished monster inquires

I cut them out of people chests, replies
the lady scissors

then she cuts open his chest
and his paper heart flies out of reach of his
grasping hands





CUORI DI CARTA

cuori di carta riempiono
l'aria

da dove vengono? chiede meravigliato il mostro
le ritaglio dal petto della gente, risponde
la signora forbice

poi lei gli apre il petto ritagliandolo
e il suo cuore di carta vola via dove le sue mani
non possono afferrare


Jim Wittemberg ©


Jim Wittemberg nasce a Cuba nel 1956. Attualmente vive a Sacramento, California.La sua raccolta "Haunt me in the morning" può essere acquistata tramite Subhankar Das - Graffiti Kolkata - 54 Jatin Das Road, Kolkata-700 029 India
o sul sito http://graffiti-kolkata.blogspot.com/

lunedì 24 maggio 2010

SILVIA ROSA






Susan Burnstine






L’OCCHIO INDACO

Attraversami come suono puro una parola
quella -l'unica-
che non hai mai detto
segreta, fino all'origine
all'etimologia esatta
del mio esser(ti)soglia di Senso
crocevia di significati

il (tuo) centro

schiudimi
adagio di lacrime
l'occhio indaco
che pulsa nel ventre:
mi sei pulviscolo di Cielo
in frammenti
che mi ferisci di luce

dentro

ti sento morendo(mi)
lenta ogni lettera
e mi perdo nell'alfabeto di passi
che mi (in)segni
così ancora
più vicino
oltre me e te e noi

all'Eterno.









LA NATURA NECESSARIA

Tra le labbra un vento di parole
un va e vieni che mi fotte
l'allegria, la bocca
-un involucro scarlatto
di noia- costretta (im)mobile
a dire sempre uguale sempre
lo stesso dolore, sbava
serrata (in)sofferente stretta
che non -mi- sopporto più
in una gabbietta inappetente
il solito discorso.

Non è capace - IO - di elevarsi al suono puro
che non necessita di piuma
per alzarsi in volo e di volare essere l e g g e r a
precipitando dal cielo al suolo
e viceversa, e di nutrirsi
di carne e polvere tra polvere e vermi
spiccando dalla terra il sentiero della rima
e della nuvola baciata l'ombra densa
divorarsi il sole - per intero -.
E' un rapace -IO -
che si nega la natura necessaria
degli artigli (in) segnandosi al rovescio
la regola del più forte tra i più deboli-
ché siamo tutti deboli come una promessa
di quelle che (non) mantieni in silenzio
mantenendola-.

Tra le labbra è tutto impercettibile
un pigolare che non (mi) ascolto
gustando la disfatta d'ogni grammatica
esistenziale, con la fame innocente
dell'animale e con un giro d'ali
sleale alla mia colpa slegare ogni nodo
di Senso con un battito di coda
è ora più che mai di attendere
l'agonia d'ogni ragione, lo squarcio
d'un sorriso un linguaggio che (mi) trascini
di nuovo in nuovo al passato

lo stesso

che mi trascenda, una lingua
come un davanzale su cui poggiarmi
a beccare testarda e inconcludente
briciole d'Eterno
(le stesse di sempre identiche).





ALTROVE

ci sono stata
- Mi racconti?
ma era tanto tanto tempo
un'altra vita fa
- Mi racconti?
c'era come una musica
il frusciare svelto di giorni,
un volo di occhi e sorrisi,
e uno spicchio di nuvola
quando arrivavo in quel punto
- Quale?
quello in cui si congiunge
lo squillo d'aurora e un rauco
abbaiare di ombre
- Quale?
quello che sai che la giostra
si sta per fermare -è un istante-
eppure d'intorno
è un movimento di cielo in un vortice
non ti devi aggrappare a niente
l a s c i a t i a n d a r e
- Dove?
dovunque sia in nessun luogo
- Dove?
qui che è sempre un altrove.






NON POSSO (NON) CHIUDERE GLI OCCHI

Non posso (non) chiudere gli occhi
per protegger(mi) la venatura d'Azzurro
tenue che si nasconde nel fondo
rappreso di ombre d'oggetti di addii
ricolmo, una geometria spicciola la cornea,
di lune smangiate a spicchi d'aurora
un arabesco, un riflesso di tendini e d'ossa
in f r a m m e n t i
-è un mistero come non si dissolvano
di lacrime nel maremoto che li scuote fino
allo spasmo ultimo di desiderio, fino alla luce-
così r a r e f a t t i
da perdersi nel solletico di ciglia al rovescio
che (s)copre i denti di nuvole
e agghiaccia le labbra di ogni incertezza al turbine.

Perdonami.

Se non ti guardo (è) per non vederti
per non cercarti ti cerco con la bufera di lettere
morte che mi si agita in bocca
come un meraviglioso balocco
-la mia girandola di accuse-,
non posso (non) chiudere gli occhi
quando ti offro vulnerabile esposto
il mio corpo, ché possiede
il talento più autentico
l'attitudine sincera allo scacco:
questo gioco richiede di vita
una prova una promessa che
chi abita il Sogno elude e tradisce
annacquando (per un'Altra s-vista)
in un ghirigoro il sangue

d'inchiostro Celeste.






SUL PALMO SUDATO DELLE MIE MANI

Conto i giorni della settimana
al contrario, meno uno,
quello in cui sono nata.

Conto i gradini -in bilico- di ogni scala
le porte socchiuse al soffio di un “no”
che (s)battono in ritirata
i passi intorno a me stessa
strisciati (un andirivieni)
come intorno a una casa svuotata

conto i silenzi degli oggetti, rovesciati
sul palmo sudato delle mie mani
in fenditure profonde
ferite come occhi circolari
spacchi a festa arricciati
lungo i bordi,

conto nei fondi verdastri di bottiglia
la goccia d’acqua -una-
dimenticata a riposare
in trasparenza di dormiveglia
scontata
come domestica impronta di mare.




Silvia Rosa ©




BIOGRAFIA:

Silvia Rosa nasce a Torino nel 1976. Laureata in Scienze dell’Educazione, scrive poesie e racconti, che ha pubblicato su riviste e blog e che compaiono anche su alcune antologie collettive di Concorsi Letterari a cui ha preso parte, risultando più di una volta tra i vincitori.La sua prima raccolta poetica "Di sole voci" è edita da Lietocolle, 2010

mercoledì 19 maggio 2010

FRANCESCA COPPOLA

Foto di Federica Nightingale






Lasciarsi

notte da aggiustare con le pinze
fra noi a strisciare o annegare
meglio non dire tendendo le ciglia
al distacco

e quasi ho paura per quello non fatto
giri e rigiri i corridoi, fumando
le mani e per orgoglio stringi
la casacca

avevo avvisato anche la manicure
dello straordinario e invece
s'incrociano per lasciarsi,
le dita.







Con qualche pudore


l'amore resta apparecchiato
agli angoli
quando qualche posata afferra aprile,
mi chiedo/sveglio per non rinunciare

(dirai che c'era il fresco
su stancami, ti prego)

e complico la stanza, il silenzio
le dita

- Aprirsi
e scoprire i rami
s
e
c
c
h
i

dai capelli senza accessori
ai freni

un ritrovo sospeso di maniche
- non sono Anna -



e ci sta bene la mollica al marciapiede
rincorrere la vergogna
appesa al palo








Solo per te, Stella


"è tutto quello che ho Stella
è pulito più di perlana"
copri il tempo, lo senti il ritorno dei gabbiani?


sii felice
e se sveli la morte come eco del sonno
non avere paura, metti una scatola sopra l'altra
e stai attenta alle scale
niente boom dietro le spalle

ma ho pazienza io per te, Stella
senza aspettarmi per forza il legame carico di vizi
e pure un premio per l'alunno del mese
se vuoi ti stringo le ossa più d'una fede
sotto i raggi chiusi fra le nuvole







26 notturno


Mi scivola una città dalle ginocchia
col dito fra le pieghe della gonna
m'innamoro ogni giorno tra un inchino
e un copricapo, baciando l'acqua
e l'immagine non riflessa
di quel poco che rende il cuore

M'innamoro di un nome, di un odore
fermato tra le unghie
solo otto piani da percorrere






Non è lei


certo che poi chiedere sviluppi
se ci sono motivi per cui
giri attorno alla sedia, ma non ti adagi
allarghi i perimetri e contempli gli estremi

poi aggiusti ogni ciuffo che non è bianco
cerchi distratto e ti senti emozionato
- non è lei - a ridarti quel graffio
/tessuto vivo ma decisamente perfetto/

più in la, trovi me
in qualche sbuffo di papavero
che tenta di allungarsi al tiepido



Francesca Coppola ©




Biografia:

Nasce in provincia di Napoli, lì risiede e studia per diventare addetta ai beni culturali. Adolescente inquieta e solitaria, ben presto si sente attratta dalla penna e dalla moltitudine di fogli che può macchiare, sfoghi estemporanei che restano come righe di un diario molto personale, talvolta raccontato alle amiche, più spesso nascosto e strappato.

Solo verso i vent’anni, la scoperta di internet e dei vari forum riaprono vecchie ferite e con esse la voglia spasmodica di scrivere, una necessità di espressione che la porterà a scrivere negli ultimi sei anni più di seicento testi che trovano nell’amore e nelle sue sfaccettature il tema predominante; la forma dei versi attraversa fasi decisamente opposte da quella più semplice e armoniosa a quella più sintetica e a scatti, da quella passionale a quella definita più volte surreale .

La scrittura apre mondi inimmaginabili specie a chi ha troppa fantasia e scarsa adattabilità, a chi si sente troppo diversa e la realtà appare una strada univoca; l’inchiostro crea barriere calde e accoglienti, i muri seppur di gomma proteggono la sensibilità e Francesca proprio come in un puzzle cerca di mettere insieme i pezzi di una vita, scorie e brandelli non sempre pienamente visibili o percepibili, colorando l’insoddisfazione e la curiosità ogni giorno solo per lasciare un segno e resistere.

lunedì 17 maggio 2010

IRENE ESTER LEO - POESIE DA "IO INNALZO FIAMMIFERI"

Irene Ester Leo - dalla Mostra on-line "Essence de rose"






Radici




Strettoia di pelle, mani forti di cent'anni
intrecciano le radici cui il succo del tempo
bevve l'angoscia.
Ci litigheremo le scarpe, poggiate sui muri ad asciugare,
con il sole dell'estate di San Martino,
quando l'età sarà volata indietro.
Saremo soldati semplici con
una moneta di pane vecchio nel taschino,
e succhieremo il tuorlo del sole,
deposto nel nido asciutto
di una piccola misericordia.




Dogma

Quanto più leggermi è diventare straniera alle perline di pietra,
collana pesante da legare all'andatura,
quanto più rivolto la pelle, che è sotto il sangue coi suoi lacci vivi,
fino a sentire tirare le gambe e le nocche, arricciarsi le pupille,
sfilacciarsi i polmoni,
secernere anima collosa,
quanto più mi decompongo queste ossa in azzardi
e li ricerco in tessere affinate alla Rubik,
quando mi apro la gola per vomitare fuori
un fiamma erosiva,
quando mi avvicina alla morte
ed infierisce con un cucchiaino freddo
infilato tra le costole pregustandosi me,
solo allora io segno
la sua verità.



Presagio

La polvere è l'ansia della spina
che cade piano dentro le cose morte,
prima dell'affondamento nella voce.
Ho ingoiato tutta la tua polvere
lungo il passo incerto spogliato,
ma negli occhi solo ora nacquero
appena tu le scartasti con parole a punta,
rose dal bouquet lungo, omologate ai sensi altrui.




Assenzio

Se l'acqua lava ciò che penso,
forse un iris nasce tra quel fango, dopo.
Chiara la notte senza sangue e corpo, a volte
è la mia mano,
pesante lama che ti offende mio amato sempre.
Ma non c'è occhio cieco tra le ciglia del grano morto,
l'onda ferrosa della vita attanaglia la lingua
ed io lo so che tutto è.
Da quassù le orme dell'invisibile
sono mie.
Stelle laconiche di tempo
abbottonate tutte sulle maniche.
Spilli che reggono il gioco della prossima estate.








Irene Ester Leo © da "Io innalzo fiammiferi" - Edizioni Lietocolle 2010




Biografia:





Irene Leo:Classe 1980. Ha esordito "ufficialmente" nel 2006 con "Canto Blues alla deriva", Besa editrice. È presente su "Tabula rasa 05", rivista di letteratura invisibile nella sezione Poesia e su alcune antologie, tra cui "Verba Agrestia" 2008 e 2009 e "Il segreto delle fragole" 2009 , entrambe LietoColle edizioni.Nel 2007 ha ricevuto dal Teatro di Musica e Poesia "L'Arciliuto"di Roma il riconoscimento in "Kagolokatia".Sue liriche sono state recentemente inserite nella rivista letteraria "Incroci" diretta da Lino Angiuli e Raffaele Nigro, giugno 2009, Mario Adda Editore. Collabora con il quotidiano" Il Paese Nuovo" per la pagina culturale.Ha pubblicato "Sudapest" (Besa editrice, 2009).


sabato 15 maggio 2010

GABRIEL OLEARNIK, POESIE SCELTE IN TRADUZIONE

Arthur Hughes




Vi presento un assaggio delle mie traduzioni del poeta anglo-polacco Gabriel Olearnik. Al link




potrete trovare una rosa completa di poesie tradotte.

Ringrazio Chiara De Luca per l' ospitalità al mio lavoro, nel suo blog delle Edizioni Kolibris.



§



As the long days

As the long days of May draw out
I hear the azure cry of wandering birds
which call me to depart my native land
and recall a distant love.
Dour, my face fallen and neck bent:
both tender song and the hawthorn's flowers
are no dearer than Winter's ice and frost
The true king has blessed me
and shaped a longing for this distant love
but each pleasure is a doubled blow
for she is so very far away.
Ah! If I were a pilgrim
I would bring my staff and hooded cloak
before the fairness of her eyes.
Oh, how great my joy will be
when I ask for her hospitality
for the love of God it is given me
and at her pleasure her guest will be
close, though from a distant land.
In that far court, I shall sit beside her beauty
and draw sweet words from her mouth.




Nell’allungarsi dei giorni

Nell’allungarsi dei giorni di Maggio
odo l’azzurro pianto degli uccelli erranti
che mi chiamano a distaccarmi dalla mia terra natìa
e a ricordare un lontano amore.
Cupo, il mio volto caduto e il collo piegato:
sia la tenera canzone che i fiori di biancospino
non sono più cari del gelo e della brina d’inverno
Il legittimo re mi ha benedetto
e ha forgiato la brama di questo perduto amore
ma ogni piacere è un doppio colpo
poichè lei è lontanissima.
Ah! Se fossi un pellegrino
porterei il mio bastone e il mio tabarro
dinnanzi alla leggerezza dei suoi occhi.
Oh, quanto grande sarà la mia gioia
quando le chiederò ospitalità,
per l’amore di Dio che mi è stato dato
e per il suo piacere sarà il suo ospite a lei accanto,
benché da una terra remota.
In quella corte distante, siederò di fianco alla sua bellezza
e attingerò dolci parole dalla sua bocca.




The Last Pagan

There are varieties of death
and types of life
as many as the flowers of the field
for the life of man is a flower of grass
and death is the withering of that flower
and death is the failing of the glory
each death is a falling glory
and life is a fading glory
of grass
blessed be the god of the grass
of green and growing things
blessed be the master of the harvest
who buds men in the bellies of women
whose heralds are the angel in the barley
and a white wind fluttering the rye
I came from the fields
soil the colour of peppercorns
the air was filled with their scent
I stood splashed in sunlight
soaked in the silence
of my first withering
until the wind rose up
I saw a rush of air which brushes the rye
and it was something like speech
words terrible as armies
burning as battle, hot the heat of it
hearth-hungry, hewing fire;
as red as a ruined rout, raging, ravaging
fire in the fields, my flower
and a burning in the rye
three fires
one of barley
one of rye
one of pure silver


L’ultimo pagano

Ci sono tante varietà di morte
e tipi di vita
quanti sono i fiori del campo
perché la vita dell’uomo è un fiore d’erba
e la morte il rinsecchirsi di quel fiore
e la morte è il fallimento della gloria
ogni morte è una gloria che cade
e la vita è una gloria sbiadita
d’erba
benedetto sia il dio dell’erba
del verde e delle cose che crescono
benedetto sia il padrone del raccolto
che fa germogliare gli uomini nel ventre delle donne
i cui araldi sono gli angeli nell’orzo
e un bianco vento a scuotere la segale
Venivo dai campi
il suolo del colore dei grani di pepe
l’aria era colma del loro profumo
Restavo immerso nella luce del sole
Intriso del silenzio
del mio primo annichilire
fino al ribellarsi del vento
Vidi l’aria correre a spazzare la segale
ed era qualcosa come il linguaggio
parole terribili come armi
brucianti come la battaglia, rovente il suo calore
focolare affamato, fuoco che spacca;
rosso come una rovinosa disfatta, furioso,devastante
fuoco nei campi, mio fiore
e incendio nella segale
tre fuochi
uno di orzo
uno di segale
uno d’argento puro



Poesie tratte da "Amor de Lonh" di Gabriel Olearnik ©

Andromachebooks, 2009

Traduzione di poesie scelte di Federica Galetto ©

consultabili qui:

martedì 11 maggio 2010

LUIGI DIEGO ELENA

Irving R. Wiles








Toucht


Non ci sono più finestre veglia lungo il sentiero di queste stelle in cero

è notte anche per questa estate ne ho vedute per tracce a dimora tante.

E la pazienza è rispettare questi grappoli tondi sul ciglio appena messi

quasi appesi a terra con due pinze d’erba al collo della prima gardenia data.

Le labbra lucide in due calici da posacenere ai mozziconi ancora accesi

e palpebre da ultimi lampioni il bouquet al passo di due lucciole innamorate.

Laggiù sino ai miei occhi due gabbiani a guardia della marea che monta

mentre l’orizzonte teso è un arco che fa il cupido dei segreti sotto i piedi gli stessi.

Un album si sfila le sue vie piazze e monumenti quella carta velata in flash archivi.

Toucht e una parete libera steli e foglie.



Verso da verso


L’orizzonte sipario per un sole all’ultima replica poi spento piombo l’opaco silenzio.

Spada la rete ch’allunga e ritrae nel serale alle spalle si spinge da quello tacendo.

Lobo illusione quest’ora si disfa intenzione una arrotolata vela come calza spaiata.

Sarà il buio a sapere in un altro quadrato che non vedi ma c’è l’uno per l’altro.

Un giorno più un giorno verso da verso nient’altro.



Mano su mano


Assenze da rintracciare quel che della legna gracile evade dal camino e t’assomiglia

in quel che il rosario sa sgranare nel cogliere da ogni corona un osso d’oliva solo questo.

Apri gli occhi e raduna tutto come la cantilena chiede per la sua arte velo del vento.

Mano su mano chiudi osservo.



Luigi Diego Elena ©

giovedì 6 maggio 2010

FEDERICA NIGHTINGALE INTERVISTA FEDERICA GALETTO

Ramon Casas










Cos’è per te la Poesia?

E’ l’arte del sentire, il bisogno di esplorare diverse vie di comprensione, attitudine vorace al dettaglio e alla natura umana. Poesia è glorificare il quotidiano, spezzettarlo e passarlo al setaccio, è ribellione, denuncia, una ragione di vita che si espande senza fermarsi mai. Ma soprattutto è un viaggio dentro noi stessi, la consapevolezza di noi e del mondo.



Quando scrivi? Ci sono orari o abitudini legate alla scrittura?

Scrivo in genere quando sento di avere qualcosa da dire e questo significa, in termini pratici, quasi ovunque e in ogni momento ne senta il bisogno. Mi piace scrivere al crepuscolo; l’ora del passaggio fra il giorno e la notte mi dà una strana energia difficilmente controllabile. Se non posso fissare i miei pensieri su carta o pc trattengo dentro ogni singola parola cercando di non dimenticarla. In genere prima del sonno mando versi a memoria, ripetendoli come mantra per ricordarli poi la mattina seguente. Ma questo avviene anche durante il giorno.



Cosa ha acceso in te il Fuoco della Poesia?

Ho iniziato a scrivere Poesia nell’adolescenza ma a dire il vero non avevo ancora in me alcun Fuoco bruciante. Volevo scrivere, amavo scrivere, e a dire il vero la narrativa mi attraeva molto più della Poesia; tutto cambiò quando conobbi Shakespeare. Da quel momento capii che esisteva qualcosa di superiore che poteva prendere l’animo di uno scrittore e rivoltarlo come un guanto, così come poteva prenderlo e strizzarlo come uno straccio vecchio o innalzarlo fino a vette altissime. L’amore per la lettura e per la lingua inglese, fecero il resto. Ma trascorrevo molto tempo ricopiando testi di autori che amavo. Ho copiato a mano due volte “Orlando” di Virginia Woolf e molte poesie di Pablo Neruda, un autore che amo visceralmente, come fosse parte del mio stesso corpo, Emily Bronte, i racconti di Cechov e Katherine Mansfield.



Quali autori prediligi e perché?

Domanda da un milione di dollari, questa. Ho sempre letto molto e di tutto, tanto da crearmi una gran confusione mentale, ma se dovessi citare alcuni autori non esiterei a citare Shakespeare, Eliot, Katherine Mansfield,Virginia Woolf, Emily Dickinson e tutti i classici dell’8/900’, in particolare dell’area anglosassone; ho una predilezione anche per i Romantici tedeschi ma il mio cuore è con Wordsworth, Blake, Keats, Coleridge….e Giacomo Leopardi a pari passo con Eugenio Montale e Pablo Neruda. Sono molto curiosa di tutto, ma non amo le stravaganze letterarie. Le tollero in funzione di una necessaria sperimentazione.



Vorresti citare qualche autore di Poesia del nostro tempo che ti piace particolarmente?

Ce ne sono diversi e qualcuno non c’è più ma senza dubbio Francesco Marotta, Alessandro Ceni, Enzo Campi, Pasquale Vitagliano, Roberto Sanesi scomparso nel 2001, Francesco De Girolamo fra gli altri; e poi tante donne dalle voci splendide come Claudia Ruggeri, Rossella Tempesta, Anila Resuli,Viviana Scarinci, Lucianna Argentino, Irene Ester Leo e molte altre. Ammiro anche molto David Blaine, un poeta americano straordinario con il quale spesso lavoro alla traduzione di testi poetici.



Quanto ha pesato per te la traduzione nel comprendere e amare la Poesia?

Molto. Tradurre mi porta in mondi paralleli che mi rimarrebbero altrimenti sconosciuti. Ho iniziato a tradurre molto giovane, scoprendo presto quanto gratificante sia portare alla luce della propria lingua madre un testo con radici estranee alle proprie. E’ come riscrivere daccapo un testo seguendo le linee guida dell’Autore e renderlo accessibile. E’ come riscrivere l’idea d’origine, una nuova creazione, ma fedele al pensiero dell’Autore. Esaltante. Tradurre è respirare il fiato dell’Autore.



Quale libro di Poesia tieni sul comodino?

In genere ne tengo più di uno ma sempre, onnipresente, Ossi di seppia di Montale. E attualmente, “Vertigine lieve” di Sabina Naef e “Risvegliarsi a questo” di Enda Wyley.



Cosa chiedi alla Poesia e cosa ti dà?

Chiedo Verità e Bellezza, Giustizia e Compassione. Mi dà tutto questo e molto di più, la consapevolezza dell’interezza e della disgregazione dell’Essere, la Passione, il Risveglio, lo Sturm und Drang.



Come nasce una tua poesia?

Dall’osservazione, dai dettagli, dai gesti usuali. Dalla “pancia”. Da ogni cosa.



Come definiresti la tua poetica?

Quando scrivo io batto la parola, nel senso che ho desiderio di dominarla; in genere la mia poetica è il risultato di una lotta a mani nude, senza esclusione di colpi, e può quindi essere a tratti spigolosa; sa essere morbida e lieve solo mantenendo una nota di selvatichezza. Se fosse un fiore sarebbe un’erica di brughiera, per intenderci.



Perché scrivere Poesia oggi?

Scrivere Poesia non è un’attività proficua, non è salutare perché praticata per lo più da fermi e al chiuso, non è popolare; ma è un salto di qualità dal valore inestimabile per chi crede fermamente che la Bellezza, la Speranza esistano ancora e voglia testimoniarlo al mondo; insieme alla forza determinata della parola la Poesia può scuotere le coscienze e aprirle verso nuove prospettive. Oggi più che mai c’è bisogno di questo.



Cosa deve suscitare in te una poesia?

Tutto il possibile. Se quando leggo qualcosa non mi si allertano almeno la metà dei sensi, allora qualcosa non va. Sono molto selettiva e credo che la Poesia sia una cosa seria, una forma d’Arte di altissimo valore e non mi piacciono le cose raffazzonate e spacciate per Poesia, le sperimentazioni bizzarre fini a sé stesse, le cadute di stile e di gusto, la mancanza di struttura corposa e solida, l’utilizzo della parola che sfocia nell’esibizionismo o nell’autocelebrazione senza dire niente. Mi piace la ricercatezza,questo si, ma supportata dalla semplicità di visione del mondo e dallo scavo interiore profondo.



Hai un sogno nel cassetto?

Si, essere letta dagli studenti, nelle scuole. Amata o odiata non importa. Amerei essere il tormento per tutti quegli studenti che dovessero portare ad un esame le mie poesie.



Un verso che vorresti aver scritto tu?

Alcuni versi tratti dalla poesia Corno Inglese, da Ossi di seppia di Montale:

“….E il mare che scaglia a scaglia,
livido, muta colore
lancia a terra una tromba
di schiume intorte;
il vento che nasce e muore
nell’ora che lenta s’annera
suonasse te pure stasera
scordato strumento,
cuore.”



Un omaggio di tuoi versi ai lettori de La stanza di Nightingale?

Ma cosa farei senza pane da scrivere
E senza vuoti da riempire se solo
queste nuvole arrabbiate non costruissero
per me le catene
Alle guglie impiegate come arpioni
Di pensiero e intelletto
Nella ragione avversa di ciò che mi rimane
Qui seduta al dolore dello stallo
Mentre i pettirossi continuano
a tornare da me
E io porgo loro la mano senza semi




Federica Nightingale





martedì 4 maggio 2010

MARINA RACCANELLI

Gertrude Kaesebier






Sabato, domenica, lunedì

Sabato è il giorno più strano -
che ai tombini tracimi la marea
o scivoli il turista incauto su nastri d'alga -
fermo sul ponte, il barcaiolo del Ghetto
manda un pigro richiamo:
gondola, signori! - ma non c'è il ferro
i rabbini stringono cinghie alle braccia
dondolandosi nella Beit Chabad
sul canale, i gabbiani più crudeli
non si accontentano del pesce gettato -
uomini in stormi neri strusciano i piedi
su masegni gelatinosi
sabato è giorno di litanie nel Ghetto
fra gigli stagnanti attendono i preti -
donne frenetiche si sporcano le mani
separando nero e bianco, polvere e cibo
nella vecchia cucina mia madre
impasta farina, zucchero e uova
sabato mattina concentra in un punto
omissioni e disordini, precipitano alla rinfusa
lenzuoli a palla, limoni marci, angoli incrostati -
ciò che avrei dovuto – e non ho fatto - mi spinge
a cercare equilibri precari
sabato a mezzogiorno oltrepasso
il ponte che sospinge mondi diversi
è cesura di tempi e luoghi, urta le sponde -
nel pomeriggio torno da te, ad ascoltare
l'orgia dei suoni mistici, l'acqua lustrale
del pianoforte suonato da vivo
le bollicine del prosecco si sposeranno
con i capricci, le sarabande, i rondò
prima che il vapore di sangue dal cielo
liquefatto cada nel nero sotto il ponte
e se ne vada il traghettatore bugiardo
ci sarebbe il tempo, forse
di bisbigliare all'orecchio parole
che non osiamo pensare
aggrappati al silenzio, sui bordi


Domenica non oso pensarTi
nella città che ha profilo di chiese
ventre trafitto da pali
a sorreggere mura lievi, campanili smorzati
cupole in forma di mammella
con croci greche
ricordo ceneri scarse, attese
ossessionate da parole colpevoli
invano respinte -
emozioni a onde, sospese oltre
l'apice spumeggiante:
ricadevano nel non senso
di mantra e precetti random
le cripte bevono acque amare
i mattoni dei chiostri sono sempre più verdi -
nella città con absidi orientate a est
cortine d'oro, marmi ad incastro
voragini struggono le fondamenta
folle senza sguardo calpestano tombe:
è domenica di cibi falsi
souvenirs unti e gondole in fila indiana
nella Casa di Dio,
figure estreme in silenzio:
elusivo fra nuvole
e orizzonti di Dolomiti


Lunedì, illusorio principio
in circuito s-finito -
i bambini vanno all'asilo con cantilene
portali inghiottono gli scolari
in grumi di suoni
il battito dei ritardi scolla le suole
da masegni ancora notturni -
le speranze, tatuaggi e sgorbi di teschio
tra filari di ortaggi e fiori di zucca
pensieri di plastica, sacchi pesanti
picchiano i tacchi nel mercato -
vapori di nebbia si alzano
da barche stracariche, rase


a mezzogiorno, una voce antica scava
nel fango di mille inverni -
i giardini di allora sono rovinati
le vite degli esuli, senza senso
le anime si allontanano da se stesse
in processioni di ombre
lunedì sera, lezione di gospel:
i ritmi del coro rompono il buio
si smemorano nel gruppo le voci sole
ogni scoria giunge al punto di fusione -
unità e armonia come onde


Marina Raccanelli ©



Biografia:


Marina Raccanelli, nata a Fiume, vive a Venezia fin dall’infanzia. Nel 2004, per la Oceano Edizioni, è uscita la sua prima raccolta di poesie dal titolo “Variazioni in blu”; nel 2005, Firenze Libri ha stampato “Vento di stelle fredde“. Si è classificata seconda nella seconda edizione del Concorso internazionale di poesia “Montagna viva”; è presente in diverse antologie , fra cui “Il segreto delle fragole – poetico diario 2005 e 2007″ (Editrice LietoColle), “Navigando nelle Parole” vol.11 (edizioni Il Filo), alcune antologie ed E-book promosse dal sito Poetilandia, ed altre.
Partecipa al blog letterario collettivo “Via delle belle donne”; le sue poesie sono pubblicate in alcuni siti e blog. Il suo blog personale si chiama “Parole in viaggio“.
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